martedì, agosto 08, 2006

Senza alcun pudore

Riporto queste dichiarazioni senza alcun commento, si commentano da sole. Vorrei solo riflettere sulle qualità morali dei due personaggi: molto più simili ad invertebrati platelminti che ad esseri umani.

Roma, 7 ago. - (Adnkronos) - ''La dinamica degli acconti nell'autotassazione di giugno, superiori ai saldi per il 2005, dimostra in modo concreto, dati alla mano, che la linea di politica economica adottata dal governo Prodi ha prodotto un rapido e importante cambiamento nell'atteggiamento dei contribuenti''. E' quanto afferma il viceministro all'Economia Vincenzo Visco commentando i dati sulle entrate tributarie dei primi 6 mesi dell'anno. ''L'autotassazione di giugno -aggiunge- testimonia infatti che la scelta di non fare piu' condoni e di perseguire invece con fermezza, come e' giusto e doveroso, la lotta all'evasione fiscale e' stata capita dai contribuenti. E i risultati si vedono''.

LA STAMPA - ECONOMIA

Boom entrate fiscali,
Prodi: sono i risultati della lotta all'evasione

ROMA. I risultati raggiunti nei primi sei mesi del 2006 e diffusi oggi dal Fisco sono «pura lotta all'evasione: i cittadini sanno che non facciamo condoni, quindi la gente è saggia». Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, di ritorno da una lunga passeggiata in bici sull'Appennino reggiano, commenta così i risultati positivi sui primi sei mesi del 2006 diffusi dall'Agenzia delle entrate: +12,3% sulle entrate e +101,9% dalla lotta all'evasione. «La gente capisce che c'è serietà - aggiunge Prodi - quindi, senza nessuna variazione di aliquota, senza nessun cambiamento, aumentano gli introiti fiscali pur in un anno in cui non è aumentato il reddito».

venerdì, agosto 04, 2006

INDULTO = INSULTO

Questo indulto non s'aveva da fare.


Vorrei che qualcuno rispondesse a questa domanda: Perchè?, perchè fare una simile operazione?

1) Per le condizioni di sovraffollamento delle carceri

  • FALSO: Se si vuole risolvere veramente il sovraffollamento c'è una sola soluzione: costruire nuovi istituti penitenziari, non esistono scorciatoie. Ci vorrà tanto tempo ma se non si comincia non si finirà mai. Non mi sembra che il governo abbia preso iniziative del genere nè intende prenderne in un futuro prossimo o lontano. Ciò è indicativo della reale volontà di migliorare le condizioni nelle carceri.
  • FALSO: La maggioranza dei detenuti che usufruirà dei benefici dell'indulto è recidiva, si parla dell'80% - 90%. Ciò significa che buona parte di essi rientreranno in tempi brevi o brevissimi in carcere. Il fatto che la pena sia solo sospesa e che si perdano i benefici se si compie un altro reato è in disincentivo abbastanza ridicolo, può fare presa sulle persone alla prima condanna, non certo sugli abituè.
2) per alleggerire il carico di lavoro della magistratura
  • FALSO: il numero di reati è destinato a subire un'impennata e quindi la situazione della magistratura peggiorerà non riuscendo a far fronte a migliaia di nuovi processi in aggiunta rispetto al numero fisiologico.
3) per consentire risparmi, non dovendo mantenere circa 20.000 persone
  • FALSO: Il costo per detenuto (dato del 2003) è di 88.000.000 di lire anno, circa 44.000 euro. Per un totale (su 20.000 detenuti) di 880.000.000 euro. Una cifra considerevole che però è subordinata alla stima di permanenza in libertà che, a mio avviso, è ampiamente sovrastimata. Se va bene saranno pochi mesi. Inoltre vanno considerati i costi indiretti, difficilmente stimabili: forze dell'ordine, nuovi processi, aiuto alle persone che si trovano liberi ma senza un posto dove andare, ecc.
4) Per dare una possibilità ai detenuti ed aiutarne il reinserimento
  • FALSO: 20.000 persone rimesse in libertà più o meno contemporaneamente non consentirà alcun intervento di aiuto. Solo con la naturale cadenza dei rilasci si possono pensare politiche di aiuto nella ricerca del lavoro, della casa, affiancamento anche psicologico. In questo modo saranno allo sbando, senza alcuna possibilità reale di essere aiutati. Nonostante le buone intenzioni di qualche sindaco, preoccupato più degli effetti negativi sulla vivibilità delle città più che da una reale volontà di aiuto (altrimenti perchè queste iniziative non sono state prese in un contesto di normale reinserimento?)
5) Perchè lo aveva chiesto il Papa
  • FALSO: è la cosa più ridicola che abbia ascoltato, soprattutto se a dirla sono proprio quelle persone che in continuazione protestano scandalizzati dalle intromissioni della Chiesa nella laicità dello Stato.
Inoltre:
  • provocherà un notevole aumento della microcriminalità, ma anche della criminalità più importante (omicidi) con conseguente diminuzione della qualità della vita di tutti i cittadini.
  • la scelta del periodo in cui cominciare i rilasci è qunto meno infausto, come è possibile liberare rapinatori in agosto? si vuole forse consentirgli di fare la "stagione", con gli italiani in vacanza e gli appartamenti incostuditi sarà un disastro.

martedì, luglio 18, 2006

Esiste un'Italia di serie A ed un'Italia di serie B

Ormai sono passati alcuni giorni da quando è stato presentato il decreto Bersani che ha spiazzato non poche persone di centro destra. Per questo ho atteso prima di scrivere un commento in quanto avevo bisogno di inquadrare meglio l'episodio. Inoltre devo ammettere che non conosco il dettaglio delle problematiche che il decreto va a toccare per cui non darò giudizi di merito ma cercherò di capire il contesto in cui si inserisce il decreto ed il timing.
Premetto che nutro stima nei confronti del ministro, che ritengo una delle poche "teste pensanti" dell'intero centro sinistra.
Innanzitutto mi ha sorpreso lo strumento del decreto legge, tanto deprecato dalla sinistra quando era all'opposizione, tanto politicamente corretto ora che sono al governo. Il decreto è uno strumento pensato per rendere operative misure urgenti anticipando la loro entrata in vigore rispetto alla discussione in Parlamento. Perfetto per una manovra correttiva di metà anno, assolutamente scorretto per introdurre delle riforme "in difesa del consumatore" come quelle del ministro Bersani, nessuna delle quali ha un carattere di urgenza.
Quindi è il caso di chiedersi: perchè adesso e perchè uscire con un decreto così improvvisato? le misure contenute nel decreto erano state pianificate da tempo, infatti erano scritte del documento programmatico pre-elettorale dell'Unione, di tempo ne hanno avuto parecchio per mettere a punto il decreto e comunque avrebbero potuto proporlo in autunno.
Inoltre è singolare che proprio quel pacchetto di iniziative sia il primo atto decisionale del nuovo governo dopo una interminabile sequenza di nomine.
Le risposte probabilmente sono molteplici: l'inattività politica, legislativa e organizzativa cominciava ad essere imbarazzante, soprattutto se confrontata con il lavoro svolto nei primi 100 giorni della scorsa legislatura. Un vuoto riempito unicamente dalle lamentele (esagerate) sullo stato dell'economia e dai bisticci sul rifinanziamento della missione in Afganistan, uno spettacolo proprio misero. Ci voleva quindi qualcosa di forte che potesse sviare l'attenzione dell'opinione pubblica dai tanti nodi irrisolti all'interno della coalizione di sinistra-centro e dagli interventi in materia fiscale. Visco appena si muove fa danni e lo sanno anche loro (vedi il pasticciaccio dell'aumento retroattivo della tassazione sugli immobili). Contemporaneamente c'era bisogno di un'azione che desse l'impressione che la macchina governativa si fosse messa in moto.
Ecco il motivo della fretta non si poteva perdere tempo per fare un buon lavoro era necessario bruciare le tappe, pazienza se così si andava allo sbaraglio, ed allora chi se ne frega della concertazione. Un governo che ha fatto della concertazione la propria bandiera ed il proprio metodo di lavoro non ha esitato a barattarla sulla base di semplici considerazioni tattiche.
In fondo non si può mica garantire a tutti lo stesso trattamento riservato ai sindacati nazionali ed alla grande industria: i "potenti" vanno rispettati.
La sinistra non si smentisce mai: forte con i deboli debole con i forti.
Così l'Italia delle tante divisioni ne ha una in più: i cittadini di serie A e cittadini si serie B.

venerdì, luglio 07, 2006

Due parole (1)

(ANSA) - CAIRO, 18 GIU - Abu Omar al Masri, rapito a Milano da agenti segreti Usa nel febbraio del 2003, ha deciso di citare in giudizio l' ex premier Berlusconi. ...
Così Abu Omar si è guadagnato infinita riconoscenza da parte della sinistra italiana. Schiere di magistrati saranno pronti a proporlo per il Nobel per la pace, Bertinotti alle prossime elezioni lo candiderà e una volta eletto sarà nominato Ministro degli Interni.

mercoledì, giugno 28, 2006

Dal Corriere della Sera del 18 Giugno 2006

Aggiungo un altro interessante articolo di Ernesto Galli Della Loggia pubblicato sul Corriere della Sera del 18 giugno 2006.

Il Dialogo Finito con i Cattolici
SINISTRA E VALORI

di Ernesto Galli Della Loggia

Senza troppi clamori si sta consumando sulla scena politica italiana un decesso illustre: quello del cattocomunismo. È questo il significato alla fine più importante delle cronache delle ultime settimane, anche se, come è ovvio, la fine che oggi si annuncia viene da lontano, è il frutto di almeno due grandi fenomeni congiunti all' opera da tempo. Il primo fenomeno è rappresentato dal mutamento sostanziale dell' agenda politica italiana come del resto di tutti i Paesi occidentali. Ormai il grande scontro tra capitale e lavoro, tra la prospettiva proprietario-capitalistica e quella statal-socialista, che ha dominato per più di un secolo la vita pubblica, è alle nostre spalle Di conseguenza è alle nostre spalle anche tutta una serie di «spartiacque» che sono stati decisivi per determinare storicamente l' identità della destra e della sinistra. Guardiamo al panorama dei nostri maggiori problemi attuali: la competizione con i nuovi attori dello sviluppo mondiale (Cina, India, ecc.), l' ondata migratoria, la crisi demografica, l' insostenibilità della spesa assistenziale, il declino della stabilità del lavoro e della sua cultura. Ebbene, quale di questi problemi nasce dallo scontro tra capitale e lavoro? Quale di questi problemi ha soluzioni alternative che possano realmente dirsi «di destra» e «di sinistra»? Nessuno, direi. Si aggiunga, almeno nel nostro continente, un ulteriore elemento decisivo: il fatto che ormai, per tutto ciò che riguarda l' ambito economico-sociale ad avere la parola decisiva non sono quasi più i parlamenti e i governi nazionali, ma l' Unione Europea. È a Bruxelles e a Francoforte che si decidono i parametri vincolanti delle politiche economico-monetarie da cui dipende tutto. Ed è stato per l' appunto grazie a Bruxelles e Francoforte che da anni si è imposta dovunque la svolta liberista alla quale, oggi, anche i più riottosi ministri di Rifondazione comunista sono obbligati ad adeguarsi. Insomma, in Italia come dappertutto non c' è più spazio per «terze vie», «elementi di socialismo» o altre sperimentali velleità, alternative a quanto stabilito in sede europea. È questo fatto, insieme al mutamento radicale del quadro socio-economico, che ha determinato la fine della centralità nel dibattito politico dei paesi europei, e dunque anche dell' Italia, dei temi strettamente economici, un tempo invece dominanti. Il vuoto così creatosi è riempito ogni giorno di più da temi immateriali, in particolare da quelli etici riguardanti l' esistenza umana e gli stili di vita, perlopiù messi all' ordine del giorno dai progressi della scienza. Attualmente è intorno a questioni come la riproduzione artificiale della vita, la sostituibilità di parti del corpo, o la possibilità di autodeterminazione della morte, ma anche l' ammissibilità del matrimonio tra omosessuali, l' adozione di minori da parte degli stessi, è intorno a questi temi soprattutto che si accende il dibattito politico. Ed è in relazione ad essi che si è verificato il secondo fenomeno che ha portato in Italia alla fine del cattocomunismo: cioè il cambiamento deciso della composizione sociale e quindi dell' ideologia della sinistra. La fine della centralità dello scontro capitale-lavoro - o comunque il suo rimodellarsi secondo prospettive inedite -, unitamente alla deindustrializzazione, ha prodotto l' allontanamento dalla sinistra di quote consistenti di lavoratori industriali (ne sono prova i risultati elettorali delle regioni del Nord). Gli antichi caratteri «di classe» della sinistra sono ormai sul punto di sparire, e la prevalente base operaia, contadina e di popolo minuto di una volta è stata progressivamente sostituita dai ceti medi del pubblico impiego, dagli insegnanti, dagli addetti alle grandi corporazioni «civili» (magistrati, professori universitari, giornalisti), dalla media e alta borghesia. Questi gruppi sociali sono spesso interessati sì, economicamente, alla protezione «pubblica» del proprio reddito/status, ma dal punto di vista ideologico non conservano più nulla delle vecchie posizioni che per decenni hanno costituito l' identità diciamo così etico-pubblica del vecchio Partito comunista e della sinistra in genere. Non più il sospetto per tutto ciò che sapesse di individualistico, di piacere fine a se stesso, di «borghese», non più diffidenza per i valori acquisitivi, non più disponibilità a pensare la vita soprattutto come impegno, e neppure, ormai, la più piccola traccia di quel tanto di moralismo magari un po' ipocrita, di esibito perbenismo che caratterizzava quegli orizzonti di un tempo. Ora, all' opposto, i nuovi ceti di riferimento della sinistra sono tutti immersi in un' atmosfera che appare dominata dalla più radicale soggettività, nonché da una morale di tipo individualistico-libertario (si ha il diritto di fare ciò che si vuole, basta che non si danneggi un altro; quanto allo Stato, esso non deve immischiarsi di nulla), pronti a identificarsi con tutte le mode, i tic, i gusti, i consumi della modernità purché, beninteso, rivestiti di un' opportuna patina di «eleganza». Si comprende senza fatica come i due fenomeni di cui ho fin qui parlato - la conversione dall' economia all' etica dell' agenda politica, e l' avvento a sinistra in posizione dominante di un' ideologia di tipo acquisitivo-libertario - sconvolgano alla radice il panorama sul cui sfondo si è mosso per decenni il cattocomunismo. Il quale ha sempre conservato una natura magmatica, ha sempre rifuggito da teorizzazioni precise (con l' eccezione forse di quelle compiute in anni ormai remoti da Franco Rodano e Claudio Napoleoni), ma forse proprio per questo ha rappresentato una prospettiva e vorrei dire di più: una suggestione potente che ha attraversato tutta la vita politica italiana. La prospettiva, cioè, di un incontro tra due «popoli» e due «culture popolari» all' insegna della solidarietà sociale, della comune rappresentanza dell' «umile Italia» delle masse raccolte all' ombra dei campanili e dell' idea socialista, della lotta contro la «miseria», della simpatia per il Terzo Mondo e della diffidenza verso gli Stati Uniti, e infine di una costumata intima, sobrietà, di un senso alto e serio della vita. Il tutto, come si capisce, in polemica contro il Paese dei «signori», contro l' Italia della «borghesia», la sua cultura castale, la sua mentalità egoista, gerarchica, malthusiana, le sue simpatie atlantiche. Chi vuole cogliere di quante cose diverse, ma pure tutte convergenti, si alimentasse il cattocomunismo non ha che da leggere qualche pagina di Pasolini o di Don Milani, rivedere qualche vecchio film neorealista di Rossellini o De Sica, scorrere qualche discorso di Dossetti o qualche nota riservata di Antonio Tatò per Berlinguer. Il cattocomunismo ha rappresentato lo sfondo del grande disegno togliattiano dell' «incontro con i cattolici», che per decenni ha dominato la politica della sinistra italiana, ne è stato, pur tra non poche critiche, come una linea-guida essenziale. Un disegno che nel mondo cattolico-democristiano (non esclusa la Chiesa) ha trovato sempre interlocutori pronti e attentissimi. Questa trama antica e tenace di relazioni, di intese, di sintonie non dette, di affinità profonde, sta oggi andando in pezzi. È lacerata dall' impossibilità di trovare una base economica significativa in comune nel mondo nuovo dominato dal liberismo brussellese; dalla eguale impossibilità di trovare una terza via ideologica in comune, stante l' obbligatoria reverenza liberaldemocratica a cui tutti sono ormai tenuti. Ma soprattutto la prospettiva cattocomunista è squarciata dal dissidio radicale - e che sembra destinato a radicalizzarsi sempre di più - proprio su quel terreno dei valori che un tempo, viceversa, era forse quello che più teneva insieme cattolici e comunisti. Questi ultimi, divenuti post, e andata perduta ormai ogni vestigia sociale di «popolo», appaiono totalmente assorbiti entro un orizzonte «borghese» che in nulla più si distingue da quello del resto della società italiana, un orizzonte definito da un fortissimo soggettivismo etico, da una spinta edonistico-acquisitiva, da un programmatico relativismo culturale, perfino ormai tentato dai fremiti dell' anticlericalismo. Il mondo cattolico e la Chiesa si trovano invece sulla sponda opposta: impegnati, come sanno e come possono, a combattere proprio contro il bagaglio etico e ideologico che oggi a sinistra raccoglie i maggiori consensi. È, la loro, una battaglia disperata, ma, almeno a giudizio di chi scrive, nobile e importante come spesso sono le battaglie delle minoranze contro le opinioni, e l' inevitabile conformismo, delle maggioranze. Quale che sia il suo esito, appare però chiaro che comunque anche su questo piano l' antico dialogo con i cattolici tanto caro alla sinistra di ispirazione comunista ha ormai perduto ogni possibile verosimiglianza; e con esso sembra ormai finita pure la lunga stagione del cattocomunismo.

*** Politica e fede *** Il Movimento dei cattolici comunisti, poi denominato Sinistra cristiana, venne fondato da Franco Rodano durante la Resistenza e nel dicembre 1945 confluì nel Pci Rodano fu un ascoltato consigliere di Enrico Berlinguer ed è passato alla storia come l' ideologo della strategia del compromesso storico Il termine cattocomunismo è peraltro usato in modo più generico per riferirsi ai cattolici schierati a sinistra (Raniero La Valle, Adriano Ossicini) o comunque critici verso il capitalismo e sensibili alle istanze di giustizia sociale (come Giuseppe Dossetti e don Lorenzo Milani)

18 giugno 2006

lunedì, giugno 26, 2006

Dal Corriere della Sera del 26 giugno 2006

Riporto un articolo di Ernesto Galli della Loggia, apparso oggi sul Corriere della Sera.
Mi sembra ci siano alcuni interessanti spunti di riflessione utili a capire alcune dinamiche sociali di questi anni.

La modernità e i rapporti con la Chiesa

I valori mutati dalla sinistra

Di Ernesto Galli della Loggia



È singolare come a volte la sinistra dimentichi in fretta i suoi eroi e le loro idee: per esempio come essa si sia dimenticata in fretta di Pier Paolo Pasolini. Dopo averlo trasformato in una vera e propria icona di spregiudicatezza intellettuale, oggi sembra non ricordarsi quasi per nulla di ciò che egli disse nell’Italia della grande trasformazione degli anni Settanta. La ragione sta forse nel fatto che lo scrittore friulano vide allora in anticipo quell’insieme di processi sociali che nei decenni seguenti avrebbero mutato completamente il volto non solo del Paese ma soprattutto della sinistra italiana stessa, e li analizzò in modi che, proprio perché poi confermati dalla realtà, oggi risultano alquanto imbarazzanti. Come si è visto nella recente discussione sulla fine del «cattocomunismo». Tre i temi di fondo di quell’analisi, sviluppata da Pasolini specialmente negli «Scritti corsari». Riduco all’essenziale:
1) Sono i ceti medi i veri protagonisti della modernizzazione del costume italiano, i cui valori da «sanfedisti e clericali» di un tempo divengono ora quelli dell’«ideologia edonistica del consumo» a sfondo individualistico con l’inevitabile appendice del «laicismo» e della «tolleranza»;
2) ma questo mutamento non ha alcun significato politico-ideologico di tipo democratico o comunque progressivo, così come non ce l’ha la vittoria del «no» al referendum sul divorzio o la battaglia per l’aborto. Si tratta di un puro e semplice adeguamento ai tempi: «Oggi - scrive Pasolini - la libertà sessuale della maggioranza (il corsivo è mio ) è in realtà (…) un obbligo, un dovere sociale»;
3) la Chiesa cattolica, «gettata a mare cinicamente» dai ceti medi insieme ai valori tradizionali, è la principale vittima sociale del nuovo panorama ideologico; fino al punto che lo scrittore auspica che essa, invece di «accettare passivamente la propria liquidazione», passi «all’opposizione»: «la Chiesa potrebbe essere la guida grandiosa ma non autoritaria di tutti coloro che rifiutano (e parla un marxista, proprio in quanto marxista) il nuovo potere consumistico (…) falsamente tollerante». Come negare che queste affermazioni descrivano in nuce ma con sufficiente esattezza alcuni mutamenti dell’antropologia italiana, i quali a loro volta hanno inciso profondamente sulla composizione sociale, i valori e gli orientamenti ideologici della sinistra, in particolare di quella postcomunista? Invece proprio da questo orecchio la cultura della sinistra non vuole sentirci. Pasolini, insomma, deve restare un santino da omaggiare, ma nulla di più. Tutto ciò che in qualche modo richiama le sue idee va respinto con sdegno: il dire per esempio che oggi la sinistra politica è diventata per molta parte lo schieramento dei ceti medi dai valori individualistico-libertari; l’affermare che in questa posizione non vi è nulla di particolarmente «coraggioso», «democratico» o «anticonformista» ma semmai il contrario, dal momento che quella è la posizione di gran lunga maggioritaria in tutta l’area occidentale; che, di conseguenza, sono coloro che in qualche modo vi si oppongono, a cominciare dalla Chiesa, a sostenere un punto di vista socialmente minoritario e dunque, se non altro per questo, più coraggioso. Si tratta di banali verità suffragate da mille prove, eppure enunciarle scatena ancora oggi un coro di ripulse.
Evidentemente esse toccano un nervo scoperto, e in effetti è proprio così. Quelle banali verità, infatti, mandano all’aria l’idea che l’opinione media di sinistra ha di sé, minano l’immagine della sua identità che, proprio perché sempre più vacillante, con tanta più forza e a qualunque costo va invece ribadita. Un’identità che è obbligatoriamente sentita come quella di un’eterna minoranza sempre in lotta contro forze soverchianti, contro nemici agguerriti e potenti. Tutto l’immaginario della sinistra, tutte le autorappresentazioni fantastiche di sé (dalle canzoni, agli spettacoli di Dario Fo, al modo di presentarsi dei suoi menestrelli televisivi), tutto è in certo senso costruito su questo presupposto eroico-minoritario. Esso serve a conferire grandezza e dignità morale, a far sentire sempre intimamente migliori dei propri avversari. Stare dalla parte della storia, dell’evoluzione «spontanea» della società, può soddisfare chi ancora si riconosce nel marxismo (ormai peraltro pochissimi) ma certo non implica nessun prestigio etico: la sinistra invece ha un forte bisogno psicologico di sentirsi innanzi tutto buona. E cioè, per l’appunto, di sentirsi sempre e comunque «contro», in minoranza, controcorrente nel mare della storia: paradossalmente anche quando, invece, essa vi naviga con il favore dei venti.
Anche da questo bisogno di minoritarismo nasce il rapporto psicologicamente e culturalmente difficile della sinistra con la modernità: di cui essa è da decenni e per molti versi, specie nel campo dei valori diffusi, degli stili di vita accreditati, delle mode, un’avanguardia conclamata, ma rispetto alla quale deve, invece, sempre trovare il modo di polemizzare, non potendo accettare di stare dalla parte dei tempi, cioè di qualcosa che per definizione coinvolge ed è rappresentativa dei «più» anziché dei «meno». Da qui, allo stesso modo - dal bisogno di considerarsi essa sola destinata a recitare il ruolo di minoranza - da qui anche, infine, il suo non riuscire a intendere affatto le obiezioni della Chiesa alla ormai proclamata e ultramaggioritaria libertà moderna in tema di ingegneria genetica, di orientamenti sessuali e di cose analoghe: il suo travisare tali obiezioni facendole passare come espressione di un dogmatismo chiuso e nella sua arroganza potentissimo, mentre si tratta solo del disperato tentativo, mi pare, di limitare il dilagare distruttivo dei tempi.
Si tratta di banali verità suffragate da mille prove, eppure enunciarle scatena ancora oggi un coro di ripulse. Evidentemente esse toccano un nervo scoperto, e in effetti è proprio così. Quelle banali verità, infatti, mandano all'aria l'idea che l'opinione media di sinistra ha di sé, minano l'immagine della sua identità che, proprio perché sempre più vacillante, con tanta più forza e a qualunque costo va invece ribadita. Un'identità che è obbligatoriamente sentita come quella di un'eterna minoranza sempre in lotta contro forze soverchianti, contro nemici agguerriti e potenti. Tutto l'immaginario della sinistra, tutte le autorappresentazioni fantastiche di sé (dalle canzoni, agli spettacoli di Dario Fo, al modo di presentarsi dei suoi menestrelli televisivi), tutto è in certo senso costruito su questo presupposto eroico-minoritario. Esso serve a conferire grandezza e dignità morale, a far sentire sempre intimamente migliori dei propri avversari. Stare dalla parte della storia, dell'evoluzione «spontanea» della società, può soddisfare chi ancora si riconosce nel marxismo (ormai peraltro pochissimi) ma certo non implica nessun prestigio etico: la sinistra invece ha un forte bisogno psicologico di sentirsi innanzi tutto buona.
E cioè, per l'appunto, di sentirsi sempre e comunque «contro», in minoranza, controcorrente nel mare della storia: paradossalmente anche quando, invece, essa vi naviga con il favore dei venti. Anche da questo bisogno di minoritarismo nasce il rapporto psicologicamente e culturalmente difficile della sinistra con la modernità: di cui essa è da decenni e per molti versi, specie nel campo dei valori diffusi, degli stili di vita accreditati, delle mode, un'avanguardia conclamata, ma rispetto alla quale deve, invece, sempre trovare il modo di polemizzare, non potendo accettare di stare dalla parte dei tempi, cioè di qualcosa che per definizione coinvolge ed è rappresentativa dei «più» anziché dei «meno». Da qui, allo stesso modo — dal bisogno di considerarsi essa sola destinata a recitare il ruolo di minoranza — da qui anche, infine, il suo non riuscire a intendere affatto le obiezioni della Chiesa alla ormai proclamata e ultramaggioritaria libertà moderna in tema di ingegneria genetica, di orientamenti sessuali e di cose analoghe: il suo travisare tali obiezioni facendole passare come espressione di un dogmatismo chiuso e nella sua arroganza potentissimo, mentre si tratta solo del disperato tentativo, mi pare, di limitare il dilagare distruttivo dei tempi.

26 giugno 2006

martedì, giugno 13, 2006

Sì al referendum per il dialogo e la riforma

Quarantadue docenti universitari, tra costituzionalisti, giuristi, storici, filosofi, scienziati politici, economisti, hanno sottoscritto un appello promosso dalla Fondazione Magna Carta a favore della riforma della Costituzione e per il “Sì” al referendum confermativo del prossimo 25 e 26 giugno.

Appello:

Il referendum confermativo del 25 e 26 giugno sulla riforma costituzionale costituisce un’importante occasione per compiere una scelta di modernizzazione delle nostre istituzioni.

Il testo sottoposto a referendum:

  1. rafforza la figura del Primo ministro quale leader responsabile di una coalizione; rafforza i poteri del governo in Parlamento e i poteri del Primo ministro all’interno del governo e della maggioranza; egli può nominare e revocare i ministri, come è dappertutto fuorché in Italia, e può proporre al Capo dello Stato lo scioglimento anticipato, potere bilanciato da quello attribuito alla Camera di evitare lo scioglimento stesso mediante l’approvazione di una mozione nella quale la maggioranza espressa dalle elezioni indichi il nome di un nuovo Primo ministro;
  2. affida al Presidente della Repubblica un ruolo di garanzia, disciplinando l’esercizio dei poteri presidenziali di più immediata valenza politica (nomina del Primo ministro e scioglimento) in modo da ridurre il rischio di dannosi dualismi;
  3. supera finalmente, con una scelta coraggiosa, il bicameralismo indifferenziato (un’assurda anomalia italiana), limitando il rapporto fiduciario alla sola Camera dei deputati; si tratta di una scelta essenziale, sia per realizzare un assetto di tipo federale, che presuppone l’istituzione di una Camera federale come sede di raccordo tra Stato e Regioni, sia per evitare che un’eventuale divaricazione nella composizione politica delle due Camere pregiudichi la governabilità e lo stesso bipolarismo;
  4. riduce di un quinto il numero totale dei parlamentari;
  5. corregge in più punti le irragionevoli soluzioni introdotte nei rapporti Stato-Regioni dalla revisione costituzionale operata nel 2001 dal centrosinistra. Quella riforma ha minato gravemente la funzionalità del nostro sistema normativo e istituzionale e ha provocato un fortissimo contenzioso tra Stato e Regioni, ha diffuso incertezza tra i cittadini, le imprese, gli operatori economici. Il testo ora proposto al voto dei cittadini reintroduce il limite dell’interesse nazionale, riconduce allo Stato una serie di materie impropriamente inserite tra le materie di competenza regionale e, nonostante quel che sostengono parole d’ordine falsificanti, attribuisce in esclusiva alle Regioni competenze legislative (in tema di sanità, istruzione e polizia amministrativa) che esse già possiedono.

La riforma non “spezza l’unità del Paese” – anzi la ricrea – né impone la “dittatura del premier”. Essa introduce, invece, innovazioni che consolidano a livello costituzionale l’evoluzione reale della forma di governo, assicurando i necessari cambiamenti istituzionali per la definitiva trasformazione della nostra in una democrazia dell’alternanza, in sintonia con le grandi democrazie europee, ferma restando la intangibilità dei principi fondamentali della Costituzione vigente.
Se prevarrà il “No”, la spinta conservatrice pregiudicherà per molti anni a venire qualsiasi tentativo riformatore della Carta del 1948 che non è più adeguata ad affrontare le grandi sfide del nostro tempo.

Non ci nascondiamo il fatto che la riforma meriti di essere successivamente integrata con alcuni correttivi, che riguardano in particolare:

  • il complesso procedimento legislativo che appare farraginoso, e che rischia di determinare conflitti di competenza tra le due Camere paralizzando l’iter formativo della legge;
  • la forma di governo, ove alcune rigidità finiscono per attribuire poteri di veto e di ricatto a componenti minoritarie della maggioranza;
  • la composizione e il ruolo del Senato, non pienamente rappresentativo delle Regioni e dotato di poteri decisionali che pregiudicherebbero la funzione di indirizzo del Governo;
  • lo statuto dell’opposizione solo abbozzato e che va rafforzato.

Queste incongruenze e difetti riguardano però, in particolare, quelle parti della riforma che entrerebbero in vigore solo in un secondo momento: nel 2011 o nel 2016. E’ questa un’opportunità che consente di conciliare l’esigenza di emendare con urgenza il Titolo V con quella di apportare correzioni, da effettuarsi con metodo auspicabilmente bipartisan, alle parti della riforma che necessitano ancora di riconsiderazione.
Del resto, lo stesso Presidente della Repubblica, nel suo messaggio dopo il giuramento, ha affermato che dopo il voto “si dovrà comunque verificare la possibilità di nuove proposte di riforma capaci di raccogliere il necessario largo consenso in Parlamento”.

Per queste ragioni, i sottoscritti ritengono che il “Si” alla riforma costituisca oggi l’unica possibile scelta per rendere le nostre istituzioni adeguate alle mutate esigenze della società italiana e per giungere a una riforma condivisa e quindi alla legittimazione reciproca degli schieramenti politici.
E si appellano a quanti non hanno abbandonato la speranza che il nostro Paese possa rinnovare le sue istituzioni, perché votare “Sì” al referendum significa impedire che l’ennesima occasione vada perduta.

Firmatari:

Tarcisio AMATO, ordinario di storia delle dottrine politiche nell'Università di Salerno

Paolo ARMAROLI, ordinario di diritto pubblico comparato nell’Università di Genova

Pierluigi BARROTTA, associato di filosofia della scienza nell'Università di Pisa

Sergio BELARDINELLI, ordinario di sociologia nell'Università di Bologna - sede di Forlì

Giuseppe BUTTÀ, ordinario storia delle dottrine politiche nell'Università di Messina

Leonardo CANNAVÒ, ordinario di Metodologia e tecnica della ricerca sociale nell'Università La Sapienza di Roma

Eugenio CAPOZZI, associato di storia contemporanea nell'Università di Napoli

Francesco CAVALLA, ordinario di filosofia del diritto nell'Università di Pisa

Achille CHIAPPETTI, ordinario di diritto pubblico nell’Università La Sapienza di Roma

Claudio CHIOLA, ordinario di diritto pubblico nell’Università La Sapienza di Roma

Dino COFRANCESCO, ordinario di storia delle dottrine politiche nell'Università di Genova

Mario COMBA, ordinario di diritto pubblico comparato nell’Università di Torino

Luigi COMPAGNA, ordinario di storia delle dottrine politiche nell'Università Luiss-Guido Carli di Roma

Raimondo CUBEDDU, ordinario di filosofia politica nell'Università di Pisa

Roberto DE MATTEI, associato di storia moderna nell'Università di Cassino e Vice Presidente del CNR

Giuseppe de VERGOTTINI, ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Bologna

Gianni DONNO, ordinario di storia contemporanea nell'Università di Lecce

Roberto FESTA, ordinario di filosofia della scienza nell'Università di Padova

Tommaso Edoardo FROSINI, ordinario di diritto pubblico comparato nell’Università di Sassari

Carlo FUSARO, ordinario di diritto pubblico comparato nell’Università di Firenze

Sandro GHERRO, ordinario di Diritto Ecclesiastico nell'Università di Padova

Fabio GRASSI ORSINI, ordinario di storia contemporanea nell'Università di Siena

Maurizio GRIFFO, associato di storia delle dottrine politiche nell'Università di Napoli

Guido GUIDI, ordinario di diritto pubblico comparato nell’Università di Urbino

Leonardo LA PUMA, ordinario di storia delle dottrine politiche nell'Università di Lecce

Giorgio LOMBARDI, ordinario di diritto pubblico comparato nell’Università di Torino

Vittorio MATHIEU, Accademia dei Lincei

Manlio MAZZIOTTI di CELSO, emerito di diritto costituzionale nell’Università La Sapienza di Roma

Luigi MELICA, ordinario di diritto pubblico comparato nell’Università di Lecce

Luca MEZZETTI, ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Bologna

Luciano MONTI, docente di politica regionale europea alla Luiss Guido-Carli di Roma

Ida NICOTRA, ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Catania

Giovanni ORSINA, associato di storia contemporanea nell'Università Luiss-Guido Carli di Roma

Giuseppe PENNISI, ordinario di economia Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, Roma

Francesco PERFETTI, ordinario di storia contemporanea nell'Università Luiss Guido-Carli di Roma

Roberto PERTICI, ordinario di storia contemporanea nell'Università di Bergamo

Angelo Maria PETRONI, ordinario di filosofia della scienza nell'Università di Bologna e Direttore della Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione

Giorgio PICCI, ordinario di ingegneria dell'informazione nell'Università di Padova

Giovanni PITRUZZELLA, ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Palermo

Paolo PITTARO, associato di diritto penale nell'Università di Trieste

Domenico SACCO, associato di storia contemporanea nell'Università di Lecce

Giulio Maria SALERNO, ordinario di diritto pubblico nell’Università di Macerata

Giorgio SPANGHER, ordinario di procedura penale nell’Università La Sapienza di Roma e componente del CSM

Mario TRAPANI, ordinario di diritto penale nell’Università di Roma Tre

Sofia VENTURA, associato di scienza politica nell'Università di Bologna - sede di Forlì

Nicolò ZANON, ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Milano

Vincenzo ZENO-ZENCOVICH, ordinario di diritto comparato nell'Università di Roma Tre


martedì, maggio 09, 2006

Sarà senso di colpa, rimorso o solo una immensa faccia di bronzo?

Omaggio anche da presidenti Camera e Senato e da Letta (ANSA) - ROMA, 9 mag - Il presidente del Consiglio in pectore Romano Prodi ha deposto una corona di fiori sotto la lapide di Aldo Moro in via Caetani. Oggi ricorre l'anniversario della morte dell'ex presidente della Democrazia Cristiana, ucciso dalle Brigate Rosse. Con Prodi, c'erano Rutelli, Fassino e altri parlamentari. Corone di fiori anche dai presidenti di Camera e Senato Bertinotti e Marini e dall'on. Letta.

Per una spiegazione più esaustiva: www.anele
del.it

venerdì, maggio 05, 2006

Prodi a testa bassa e le sue strategie di breve

Prodi a testa bassa vuole andare avanti come se nulla fosse, come se la maggioranza di senatori fosse schiacciante, come se potesse veramente governare. Non ha una strategia di lungo periodo, vive alla giornata, affronta pragmaticamente i problemi uno alla volta senza una visione di prospettiva. Tutti sanno che per lui sarà impossibile, ricattabile da chiunque, assomiglia più ad una bandiera sottoposta ad ogni tipo di vento piuttosto che ad un grande timoniere. Il suo obiettivo di breve però è chiaro: far eleggere D'Alema Presidente della Repubblica, l'unico personaggio che può seriamente pensare di sostituirlo alla giuda del governo. Con D'Alema fuori gioco si sente più sicuro, non certo in una botte di ferro ma in una "Vergine di Norimberga" può darsi (il sarcofago tappezzato all'interno da aculei di ferro).
Nel caso il giochetto non riuscisse, si potrebbero aprire scenari interessanti, il nuovo Presidente della Repubblica potrebbe valutare come troppo debole la soluzione Prodi uscita dalle elezioni vinte a metà. Il nuovo Presidente della Repubblica potrebbe preferire una soluzione che vedrebbe D'Alema leader di una maggioranza trasversale ai due schieramenti, una specie di grande coalizione all'italiana, sulla base di un programma condiviso, o almeno non osteggiato. La durata di tale soluzione sarebbe determinata unicamente dal numero di punti del programma su cui i due schieramenti riescono a trovare un'accordo. Certo ci vuole da entrambe le parti un notevole sforzo, soprattutto dopo una campagna elettorale così dura, uno sforzo comunque salutare per svelenire un clima politico decisamente troppo pesante. Gli elementi a favore di tale soluzione non si contano, certo non è un governo che può durare 5 anni, tra uno o due anni si tornerebbe al voto. Nel frattempo però i partiti di centro e di governo avrebbero il pallino in mano tegliendo spazi alle corrispettive formazioni estremiste.

domenica, aprile 23, 2006

Riflessioni

L'Unione ha vinto, è inutile insistere, se non si è riusciti a dimostrare eventuali "errori" fino ad ora, adesso è troppo tardi. E' necessario però trarre da quanto è successo delle conclusioni dalle quali derivino poi precise linee guida nel prossimo futuro. Non ci si può lamentare, ad esempio, se le schede contestate sono poche in relazione al numero delle sezioni, è assolutamente necessario lavorare sui rappresentanti di lista a livello di selezione, formazione e controllo. Mi sembra che la gestione delle elezioni abbia evidenziato una carenza organizzativa, non tanto del governo ma dei partiti che compongono la CdL, Forza Italia i primo luogo. Ed è necessario fare presto perchè il referendum è vicino così come le elezioni amministrative per alcuni importanti comuni.
Per quanto riguarda invece lo scenario nazionale si può affermare una cosa certa: tra un anno o tra 5 anni le prossime elezioni politiche le vince la CdL. Le prime avvisaglie le abbiamo avute con la sceneggiata indecorosa dell'accaparramento delle poltrone. A seguire vedremo questa "Unione" naufragare nella politica estera, quindi assisteremo, unica iniziativa di cui sono capaci, alla presentazione di una finanziaria che, oltre ad aggravare il carico fiscale gravante sui cittadini italiani, avrà il merito di smorzare, se non arrestare del tutto la crescita economica, nobile regalo di Berlusconi a questa indegna maggioranza. Altro non credo che potranno fare, ne nel primo anno ne negli improbabili 4 successivi. E questa inettitudine condita di buonismo melenso del miglior Prodi non potrà che portare all'unica conclusione logica, come già porto nel 2001: la vittoria della CdL.
A meno che ... Follini, da vera quinta colonna, non traghetti una parte dell'UdC a sinistra, e potrebbe comunque non bastare. Oppure che la CdL faccia fallire il referendum sulla riforma costituzionale perdendo così la lega, già colpita da risultati elettorali preoccupanti e da un vuoto di leadership che potrebbe favorire "sbandamenti" del partito.
A meno di strategie suicide quali quelle indicate, il governo del dopo Prodi sarà della CdL. Si, ma nel frattempo? nel frattempo è necessario fare una opposizione dura, intelligente, furba, leale nei confronti del Paese e carogna nei confronti del governo. Bene fanno Berlusconi ed i leader della CdL in questi giorni, a quanto si legge sui giornali, a valutare bene la scelta della circoscrizione nella quale essere eletti, laddove si sono presentati in più di una, in modo da selezionare un manipolo di parlamentari fedeli e disponibili al 100%.

lunedì, aprile 10, 2006

La Casa delle Libertà vincente come terapia sociale

Pubblico un post che mi sembra molto intelligente di PerlaScandinava :

Non so se il mio si possa definire un appello al voto, per la Cdl, naturalmente. Non so come si scrivono gli appelli, io. Una cosa però la so bene: questo governo deve continuare il suo lavoro!
Mi aspetto, da italiana che dall'estero guarda con attenzione maniacale quanto sta avvenendo nel suo Paese d'origine, l'avverarsi di un desiderio: il compimento della desocialistizzazione della cultura italiana.
Vorrei che un uomo ricco, anzi ricchissimo, continuasse a governare la nazione europea più comunista d'occidente.

L'Italia ha bisogno di un Presidente del Consiglio come Berlusconi, ne ha bisogno come terapia contro il male che l'affligge da oltre cinquant'anni: l'odio di classe! Un odio instillato a piccole e grandi dosi nelle coscienze di noi Italiani immersi e sommersi dalla cultura antifascista, resistenzialista, operaista che, a partire dalla nostra Costituzione a forte impronta togliattiana, ha intossicato le coscienze di generazioni di italiani con dosi massicce di venefica invidia sociale. Attraverso i libri di testo, dalle aule scolastiche della nostra infanzia fino all'università, abbiamo imparato quanto fosse stato crudele il fascismo e quanto buono e da imitare fosse il modello comunista, che "povero" è bello e "ricco" è criminale. Ci siamo convinti che "la classe operaia va in paradiso" e la ricca famiglia Berlusconi (già mostruoso protagonista con questo cognome di un film di straordinario successo del 1977 di Dino Risi, "La stanza del Vescovo") va dritta all'inferno.

Ci hanno manipolati tanto bene da convincerci che la meritocrazia è un male che porta ingiustizie e disuguaglianze mentre il 6 politico per tutti è un diritto, una grande conquista per il proletariato sempre ostile ad ogni forma di perversa competizione individualista. Quel 6 politico per tutti (apparso e scomparso col sessantotto) si è trasformato in un anticorpo ideologico latente nel nostro comune sentire, pronto ad attaccare e distruggere il pericoloso "virus" liberale del rischio individuale come valore da promuovere in una società moderna occidentale.

Per alcuni decenni siamo vissuti ignorando, noi stessi per primi, quanto fossimo dei comunisti "in sonno", finchè uno stramaledetto riccone della Brianza non ci ha sfidati col suo successo mettendosi contro i nostri padri-padroni statalisti, potenti professionisti della politica partitocratica e assistenzialista. Ci siamo svegliati così antiberlusconiani viscerali cantando "Bella ciao", ignari che con quel canto cercavamo di esorcizzare non tanto l' invasor ma la nostra imbarazzante mediocrità di fronte alla quale ci aveva posti quel Cavaliere del Lavoro.
L'odio latente per quel produttore di ricchezza é deflagrato coinvolgendo quasi metà di noi Italiani. Alla sinistra non é restato che raccogliere e organizzare quest'odio e farne il suo unico potente strumento di conquista del potere.

L'antidoto "omeopatico" contro tutto questo può essere solo lo stesso Silvio Berlusconi.

domenica, aprile 09, 2006

Come si falsano le statistiche

E' un commento apparso su il Domenicale il 18 marzo scorso, è un po datato ma il contenuto è interessante.

Settimana scorsa abbiamo segnalato la discordanza, sui reati compiuti in Italia, tra i dati forniti da Luca Ricolfi, estensore del discusso Il contratto con gli italiani, e quelli del ministero dell'Interno. Ricorderete che Ricolfi assegna una valutazione zero all'operato del Governo (il numero dei reati nell'ultimo quinquennio è aumentato di circa il 10%), mentre il ministero dell'Interno indica una netta diminuzione, nello stesso periodo, di tutti i delitti di autentico allarme sociale (omicidi –17%; rapine –9,71%; autoveicoli rubati –26%; furti in casa –34%; rapine in ville –18%). Il ministro degli Interni ha spiegato l'arcano. Nel totale dei reati sono registrati sia i numerosi delitti per via informatica (carte di credito, bancomat...) che 5 anni fa quasi non esistevano; sia quelli denunciati alla Magistratura per violenze, blocchi stradali, interruzione di linee ferroviarie, assalti contro le persone e cose, in concomitanza di disordini provocati dagli estremisti che scendono in piazza. La media delle manifestazioni nazionali, locali, spontanee, organizzate, di fabbrica, di categoria è stata di 8.000 all'anno: 40.000 negli ultimi 5 anni, un record. Basti pensare a ciò che è successo a Milano per comprendere come migliaia di reati aggiuntivi siano stati compiuti per violenze di matrice ideologica, di prevenzioni culturali, d'estremismo ambientalista e sociale. La responsabilità di Ricolfi è pertanto di non aver approfondito il significato dei dati statistici globali: responsabilità grave per un ricercatore che voglia capire i fenomeni in profondità. Avrebbe così scoperto che i reati di allarme sociale sono diminuiti, mentre aumentano quelli originati da cortei di protesta. Insomma i sindacati, i verdi, l'estrema sinistra, i centri sociali, i no global, i "pacifisti", scendono in piazza, alcune loro "scorie" violano le leggi e fanno salire le "colpe" del Governo per la crescita dei reati da loro stessi provocata.

venerdì, aprile 07, 2006

Oriana Fallaci sulle elezioni.Un falso!

Vale la pena leggerla, estremamente efficace, imperdibile.
Questa lettera e' stata scritta da altri, che hanno riconosciuto, chiesto scusa e che si firmano
Il Giulivo & Zanzara:

www.ilgiulivo.com
zanzara.ilcannocchiale.it

Il testo l'ho trovato sul blog di DEBORAHFAIT.

"Mi hanno chiesto una
dichiarazione di voto. E io rispondo Si.
Perché e' questo il momento
di dichiarare con forza, con orgoglio la propria appartenenza. Senza
paura. Per il nostro futuro.
Io non voglio questa Sinistra. Perché
Prodi alla guida dell'Unione è il nulla. Perché Prodi è un non leader.
Non è la guida ma l'ostaggio consenziente di una non Unione. Un mediocre che ha fatto del non decidere il sistema di governo. Perché è un ex democristiano che oggi fa il pacifinto con i comunisti e i baciapile. Perché tutto è serio. Lui e' serio. La situazione e' seria.
L'Italia e' triste...Aria fritta, un vuoto a perdere. Perché non ha un partito. Perché ha guidato l'IRI della deindustrializzazione e ora dice
di avere un progetto industriale.
Perché ha fatto dell'Europa un
ufficio di passacarte senza un sogno e sogna di andare al governo fondando la crescita sul rilancio dell'Europa.
La Sinistra vive di contraddizioni. Perchè a sinistra ci sono i Gran Sacerdoti del culto della conservazione. Non decidono. Sono i Gattopardi del nuovo
millennio. Fingono di voler cambiare perchè tutto resti come prima.
Perché a Sinistra hanno un programma che si pesa a kili. Perché ci sono di Pietro con i Comunisti Italiani. Bertinotti con Mastella. La Bindi con Pannella.
Perché hanno già governato. Hanno fallito e li hanno
mandati a casa.
Perché non hanno una politica economica. Perché con
loro torna la lottizzazione l'unico principio che condividono. Perché hanno riempito l'Italia di immigrati clandestini. Perché non hanno una politica estera e "auspicano che le cose si risolvano con il buon
senso". Quale buon senso? Quello di chi assale un consolato per uccidere i diplomatici della democratica Danimarca?
Difendono l'Eurabia che non ha fondamento culturale. Vogliono dare il voto degli immigrati. Indiscriminatamente. Amano l'Islam e odiano gli israeliani,
perchè ricchi, e quindi da combattere. Odiano l'America.
Colpevole di essere il paese leader del capitalismo mondiale. Loro. I perfidi. I corrotti. Loro. Gli odiati Stati Uniti d'America. Per la sinistra è quindi inevitabile stare con i palestinesi e col mondo arabo.
Schierarsi con i proletari della situazione.
Islam e Sinistra. Il revival perverso di una sorta di patto Molotov-Ribbentrop. Un patto stretto tra due mondi che sembrerebbero opposti. Ma che sonoindissolubilmente uniti dall'odio contro un comune nemico. Sempre lo
stesso. Gli Stati Uniti. In nome di quell'odio questa Sinistra ci sta portando verso l'inevitabile resa. Verso il nostro annientamento come civiltà.
Si riempiono la bocca con i diritti, nel disinteresse per le
libertà dell'individuo, della donna. A loro non importa di tutti coloro che in medio-oriente ringraziano Dio ogni sera che cenano non per il cibo che hanno sulla tavola, ma per esserci arrivati ancora vivi a quella tavola. Loro chiamano i terroristi resistenti.
Sono solidali con l'Islam e non con il Papa. Hanno usato la morte di Giovanni Paolo II come occasione per sdoganarsi. Tutti in piazza San Pietro. Anche i comunisti. Quelli che Woytjla ha sepolto per sempre.
Quelli che qui inneggiano alla Rifondazione e difesa del Comunismo.
Hanno usato i disordini di Bengasi per alimentare l'odio. Per prendere qualche punto percentuale. La sinistra è solidale con i terroristi islamici per le vignette pubblicate in Danimarca. Vigliacchi. Dov'è la loro laicità? La
ostentano solo nei confronti del cattolicesimo. Fanno vignette contro Ratzinger "Il pastore tedesco" raffigurato come fosse un cane.
Per dire No a tutto questo io scelgo. Scelgo il Centrodestra perché vedo questa sinistra. Basta ascoltarli per aver voglia di scappare. E' una scelta culturale. E' una scelta di vita. E' una diversa visione dell'Italia e del Mondo. Scelgo Berlusconi e il suo progetto. Perchè non è statalista. Perchè crede nella Libertà e nel Liberismo e nell'individuo. Perchè è contro la politica vuota di contenuti dei D'Alema e Fassino. Perchè non odia come loro che fanno finta di amare per la paura dell'odio altrui. Perchè guarda al futuro e non al passato come loro. Perchè abbiamo avuto 5 anni di stabilità che una volta era un valore e ora ci siamo dimenticati dei 4 governi in 5 anni. Perchè è
amico di Bush, si amico degli USA senza vergognarsi della gratitudine che si deve agli USA e non di Cuba o di Hamas.
Perchè hanno detto che molte Leggi non saranno cambiate. Riconoscendone il Buon Governo.
Perchè con la riforma della Costituzione ha mantenuto una grande promessa. Perchè lavora giorno e notte per cambiare l'Italia.
Scelgo di stare con l'Italia che si oppone. Perché c'è un'Italia che non accetta passivamente l'annientamento culturale. C'è Un'Italia che non ci sta a questo gioco al massacro. C'è un'Italia che non accetterà mai
di rinunciare alle libertà che ha conquistato. Perché io al mio Paese ci tengo.
Vostra.
*Oriana Fallaci* "

giovedì, aprile 06, 2006

Prodi è una vergogna nazionale

Dal Blog di Watergate.


Ieri a Torino Romano Prodi, con la sua solita prosopopea e maschera da uomo serio, ha raccontato la vicenda di Berlusconi impegnato nella disputa contro Martin Schultz al Parlamento Europeo. Ha detto di essersi profondamente vergognato: io c’ero, mi sono coperto la faccia con le mani dalla vergogna.

Ecco invece come ci copriva di vergogna lui, e noi tenuti all’oscuro dalla stampa di regime:

Romano Prodi: “le gaffes lastricano la sua strada". In quasi tutti i governi (europei) cresce l’irritazione verso l’uomo al vertice della più importante istituzione europea. E, quel che è quasi peggio per l’uomo e per il suo incarico, Prodi sempre meno viene preso sul serio
.
(Die Welt 17/07/2001) E meno male che il loro slogan è "La serietà al Governo". Roba da matti.

Prodi è un problema per l’Europa, non essendoci modo per agevolarne l’uscita e non essendoci cenni di dimissioni volontarie i leader europei hanno la possibilità di lavoraci assieme, il che puo’ essere impossibile, o più spesso di lavoragli attorno.
(Times 02/02/2002)

Per la stampa europea e anche mondiale, la questione è chiara da tempo: Romano Prodi è il peggior presidente che la Commissione abbia mai avuto. Sotto il suo regno, l’esecutivo europeo ha perso la sua autorità sia morale che politica. Non è un caso se parla sempre meno ai Consigli europei dei capi di stato e di governo: l’ottobre scorso, al summit d’autunno sull’economia, l’uomo semplicemente non ha detto una parola, sebbene l’economia sia appunto la materia naturale della Commissione. Un solo paese ignora tutto di questa triste realtà: l’Italia.
(Liberation 27 Settembre 2003)

L’operato di Prodi a Bruxelles, benché deriso in quasi tutta Europa, è motivo di orgoglio per molti italiani.
(Times 17 Maggio 2004) Poveri noi, in mano a quattro comunisti che lo beatificano.

"La performance di Romano Prodi come presidente della commissione europea è stata orrenda. L’ex premier italiano è l’uomo sbagliato per l’incarico. Non ha dimostrato né larghezza di vedute né l’attenzione ai dettagli richiesta per uno dei ruoli più difficili del mondo. Manager incapace, non sa comunicare, con un’allarmante propensione alle gaffe"
(The Financial Times 27 maggio 2004)

Romano Prodi, dal bilancio discusso, lascia una commissione indebolita … senza carisma, pessimo comunicatore, Romano Prodi è accusato di lasciare un’Europa senza progetto e una commissione che non ha più l’attenzione dei capi di Stato e di governo. Sotto la sua presidenza la Commissione non è stata in grado di rappresentare l’Europa sulla scena internazionale … Prodi è stato anche regolarmente accusato di utilizzare le sue funzioni a Bruxelles per pesare sulla politica italiana
.
(Le Monde 21/06/2004 )

(Prodi) non sa parlare, non sa imporre l’autorità della commissione sugli egoismi nazionali, non ha alcuna capacità di pensare in grande e presentare una visione strategica del futuro dell’Unione.
(Der Spiegel 10/10/2004 )

Prodi: Un dilettante catapultato su una poltrona troppo importante per lui.
(The Financial Times 10/10/2004)

(…) He talked up his achievements, but critics declared him the worst president in the history of the EU. (…) Charles Grant, the europhile director of the Centre for European Reform think-tank, said: He has been the most unsuccessful president in the history of the EU. (…) He came to power saying that his priority was to purge the EU’s institutions of fraud, but last year it emerged that millions of euros had vanished without trace into secret bank accounts opened by the officials of Eurostat, the EU’s statistical agency.
(Times, 26 ottobre 2004)

Capito? Mentre lui parlava di obbiettivi raggiunti e di lotta alle frodi comunitarie, qualcuno gli faceva notare che parecchi milioni di euro erano svaniti come neve al sole, senza lasciare traccia, ma dove secondo voi? Nei conti segreti aperti da funzionari dell’Eurostat. Aveva la truffa sotto il naso e cianciava di combatterla. Lui, il peggior presidente della storia.

Complimenti a Watergate, un gran bel lavoro di ricerca.


Casualmente mi imbatto in un articolo di Dacia Valent. E' fantastico, fantasticamente allucinante, tanto fantastico che se non fosse terribilmente vero ci si potrebbe ridere sopra. Lo riporto integralmente, non è il caso di aggiungere altro.


Voterò PdCI, e anche voi lo farete.

Questa volta non si scherza affatto. Non si tratta di giocare al "piccolo elettore", non si tratta nemmeno di mandare a casa l'ottavo nano, Zozzolo, perché è palese che a casa ci va, anche se battendo a terra, stizzito, i tacchi rialzati, profferendo parolacce che nemmeno la Dacia Valent...

La questione è un'altra: cosa vogliamo dal prossimo governo di sinistra (oltre a smettere di farsi chiamare "centro-sinistra")?

Semplice: vogliamo un sacco di leggi ad personam. Fatte cioè sulla persona di Zozzolo.

Vogliamo che venga promulgata la più dura legge sul conflitto d'interesse esistente al mondo, vogliamo che venga abrogata la devolution, vogliamo l'abolizione della ex-Cirielli, vogliamo l'abolizione del Lodo Maccanico, vogliamo che venga abrogata la legge voluta da Turco, Napolitano, Bossi e Fini, vogliamo che Gino Giugni smetta di girare come una trottola nel suo sepolcro e che la Legge Biagi resti un pallido ricordo della follia bipartisan da emergenza, vogliamo che le grandi opere vengano decise solo dopo una seria consultazione referendaria della popolazione sul cui territorio si va ad intervenire.

Vogliamo una legge decente sulla libertà religiosa, vogliamo che tutte le religioni siano parificate agli occhi dello Stato, vogliamo che non vengano concessi fondi per la costruzione di luoghi di culto, vogliamo che non vengano concessi finanziamenti per le attività caritatevoli delle associazioni religiose, vogliamo che ogni cittadino possa finanziare – detraendolo – il culto che preferisce e le attività caritatevoli delle organizzazioni religiose di solidarietà.

Vogliamo l'amnistia, vogliamo l'abolizione dei corpi speciali delle Forze dell'Ordine, vogliamo la costituzione di una commissione d'inchiesta sui fatti di Napoli e Genova e Sassuolo, vogliamo la smilitarizzazione delle forze di polizia giudiziaria, vogliamo l'abrogazione delle Direzioni Nazionali Antimafia ed Antiterrorismo, vogliamo l'abrogazione del Pacchetto Sicurezza Pisanu, vogliamo l'abolizione del 41 bis e di ogni regime carcerario contrario alla Costituzione, vogliamo che cessi immediatamente il regime di "doppia pena" per il condannato straniero (condanna+espulsione), vogliamo che il ricorso e l'appello abbiano effetto sospensivo sui provvedimenti amministrativi nei confronti degli immigrati, vogliamo che venga introdotto il reato di tortura nel Codice Penale.

Vogliamo che vengano rivisti gli accordi di cooperazione con Israele alla luce delle risoluzioni delle Nazioni Unite non applicate, vogliamo il riconoscimento del governo dell'Autorità Palestinese, vogliamo il ritiro immediato di ogni nostro ragazzo armato dalle missioni all'estero, vogliamo che venga istituito il Corpo Civile della Pace composto da italiani ed immigrati per gli interventi umanitari, vogliamo uscire dalla NATO, vogliamo che l'Italia diventi un paese neutrale ed il ponte tra l'Europa ed il Mediterraneo che è già geograficamente, vogliamo che i reati commessi da militari o intelligence stranieri vengano processati in Italia e comunque vogliamo che le basi straniere sul nostro territorio vengano smantellate.

Vogliamo i Pacs, vogliamo che il diritto all'aborto ed alla maternità consapevole vengano blindate per sempre, vogliamo il diritto di scegliere una morte dignitosa, vogliamo che venga abrogato il mostro legislativo sulla fecondazione artificiale, vogliamo la cancellazione hic et nunc della riforma Moratti della scuola, vogliamo la riforma della legge sulla cittadinanza che la leghi allo Ius Soli, vogliamo il diritto di voto (attivo e passivo) alle elezioni amministrative per gli stranieri regolarmente residenti, vogliamo una legge che regolarizzi la posizione del governo rispetto ai cittadini stranieri che non preveda mediatori, vogliamo un codice deontologico che protegga gli utenti dal giornalismo cialtrone, vogliamo la creazione di una Commissione per le Relazioni Razziali.

Vogliamo la dissoluzione ad æternum della Lega Nord, Forza Italia ed Alleanza Nazionale, vogliamo che venga costruito un apposito carcere dove rinchiudere tutti i membri del quasi disciolto governo delle destre, vogliamo che venga costruito direttamente come struttura fatiscente e pericolante, vogliamo che sia gestito dallo stesso efficiente personale di Abu Ghraib, vogliamo che le uniche visite che possano ricevere siano quelle degli ufficiali giudiziari che notificano altri ergastoli, vogliamo che ogni sera debbano subire una lettura degli articoli del Paperoga del Corsera squittiti dalla cella in fondo a destra e vogliamo che l'unico poster scollacciato permesso sulle pareti umide delle loro celle sia quello di Souad the cannibal Sbai in un tripudio di cellulite.

E per realizzare tutte queste cose, ma proprio tutte, dobbiamo volere e votare un governo di sinistra, un vero governo di sinistra, un governo comunista.

Francamente io sarei più per la rivoluzione, per l'abbattimento del sistema e l'eliminazione dei nemici di classe, ma a quanto pare - per il momento - ci tocca votare.

E allora, facciamolo, divertendoci. Soprattutto perché non ho capito cosa c'entri tutto ciò con il votare per Prodi, ma siccome questo è ciò che passa il convento, spero che ora abbiate compreso perché sono musulmana.

Ai gangster e babbei che ci stanno - fortunatamente - salutando, dedico poche righe di Buk Bukowsky, perché non tutto il male viene per nuocere e questo è esattamente ciò che si meritano, soprattutto a quelli che blaterano di sicurezza e difesa dell'occidente: "Vuoi sentirti sicuro? La sicurezza si può avere in galera. Tre metri quadrati tutti per te senza affitto da pagare, senza conti della luce e del telefono, senza tasse, senza alimenti. Senza multe. Senza fermi per guida in stato di ubriachezza. Cure mediche gratuite. La compagnia di persone con gli stessi interessi. Chiesa. Inculate. Funerali gratuiti."

A noi, invece e naturalmente, solo cose belle.

Dacia Valent

lunedì, aprile 03, 2006

CINQUE DOMANDE ALLA BANDA TASSOTTI

Estratto dall'articolo di Nicola Porro pubblicato sul il Giornale del 01/04/2006.

  1. Tassazione dei titoli di Stato. Nel programma dell'Unione si parla di armonizzazione delle rendite finanziarie. Prodi, nelle sue ultime uscite, ha escluso la retroattività di questa manovra che prevede l'innalzamento dell'aliquota al 19-20%.
    Cosa succede, Professore, per quei titoli emessi e comprati anche molti anni fa, e che staccheranno cedole nei prossimi anni? Il rendimento di un vecchio Btp o di un'obbligazione societaria, tra un anno, a quale aliquota verrà tassato? Anche titoli comprati nel passato, ma che assicurano i loro rendimenti in futuro, verranno esentati dall'inasprimento fiscale?
  2. Fondi comuni di investimento. Il risparmio gestito degli italiani sfiora 1,1 miliardi di euro. I fondi comuni, unico Paese praticamente al mondo, vengono tassati, grazie ad una norma di Vincenzo Visco del 1998, alla fine dell'anno. Ma non sui guadagni effettivamente realizzati. Vengono colpite le plusvalenze maturate, teoriche e dunque virtuali. I gestori dei fondi pagano il 12,5% su un guadagno che c'è sulla carta, ma non ancora realizzato. Il costo fiscale viene quotidianamente scaricato sui risparmiatori. Gentile Professore, aumentando la tassazione sui capital gain, questo meccanismo diabolico di «processo alle intenzioni di guadagno» verrebbe amplificato.
    Ha intenzione di replicare questa aberrazione?
  3. Successioni e donazioni. Prima questione dirimente è stabilire le soglie di esenzione. Verranno fornite prima delle elezioni? E a che livello saranno? Perché, Professore, sulla riduzione del cuneo fiscale ha dato cifre precise dei tagli e sulle franchigie delle successioni e sulla loro aliquota, tace? Inoltre alcuni fiscalisti sostengono che sia allo studio una manovra per congelare gli effetti elusivi che le tante donazioni di questi giorni stanno creando.
    Sostanzialmente verrebbe introdotta una nuova gabella da applicare al momento del ricongiungimento tra usufrutto (che in genere si tiene chi dona un immobile) e nuda proprietà, come spieghiamo a pagina 4. C'è qualcosa di vero?
  4. Scudo fiscale. Grazie a questa manovra rimpatriarono in Italia 70 miliardi di euro. Esiste, Professore, la volontà di fare applicare alle banche che custodiscono questi danari, una nuova imposta sostitutiva, magari una tantum?
  5. Contributi sui lavoratori autonomi e precari. Oggi sono mediamente sotto al 20%. Ha intenzione di alzarli?
    Gentile Professore, sono cinque domande. Sono le cinque paure che avete alimentato in questa campagna elettorale in materia di fiscalità. Dare una risposta precisa e di coalizione a questi interrogativi, farebbe svanire il timore, senza offesa, di ritrovarci al governo una banda Tassotti.

venerdì, marzo 31, 2006

Prodi è tutto matto, matto, matto.

Liberamente estratto da "Chi è il matto?" di JimMomo.

Prodi ieri mattina, su Radio Anch'io, dopo aver dato del matto ad un ascoltatore che gli aveva posto una domanda pungente ma corretta, e senza peraltro rispondere alla suddetta domanda, si è avventurato nella seguente affermazione:

«... Non se ne parla perché c'è tutto questo dibattito concentrato sullo zero zero virgola due di fisco e non si parla mai delle nostre proposte riguardo alla politica familiare. Cioè, il problema non è solo dare alla luce un figlio... cioè un bonus quando nasce, il problema è far crescere il bambino, e noi abbiamo una proposta che è molto importante. Cioè, noi oggi abbiamo gli assegni familiari che sono soltanto per i lavoratori dipendenti e sono piuttosto modesti, poi abbiamo degli aiuti fiscali che però non toccano i quindici milioni di italiani più poveri, perché non pagano imposte, e poi abbiamo l'assegno per il terzo figlio che il nostro governo fece.

Adesso bisogna unificarle, e le vogliamo unificare, la proposta è, in duemila e cinquecento euro all'anno per ogni bambino fino all'età di diciotto anni. Quindi non solo un assegno quando uno nasce ma accompagnarlo fino a diciotto anni. Le risorse che oggi abbiamo... (...) Questo è un aiuto per i bambini. Cioè, da zero a diciotto anni, duecento euro al mese, penso che arriviamo a duemila e cinquecento euro all'anno, di assegni familiari per tutti, esclusa ovviamente la fascia più ricca, ma a livello molto elevato. Ora abbiamo le risorse, subito, per dar questo assegno ai bambini da zero a tre anni, immediatamente, e spingeremo perché si arrivi il più presto possibile fino a diciotto anni. Sono duecentosettanta milioni di euro ogni anno. Non è una cifra folle, e quindi io credo che si riuscirà abbastanza in fretta ad accompagnare la crescita di un bambino con un aiuto di duecento euro al mese fino a diciotto anni».

Incredibile sono esterrefatto.

Facciamo due conticini, per vedere chi è il matto.

Prima Fase («immediatamente»): assegno di 2.500 euro l'anno ai bimbi da zero a tre anni.
562 mila nati (dati Istat 2004) moltiplicati per tre anni fanno almeno 1 milione 686 mila (senza calcolare la tendenza all'incremento annuo delle nascite) a cui garantire i 2.500 euro. Prodi precisa «esclusa ovviamente la fascia più ricca, ma a livello molto elevato». Secondo il candidato premier il costo annuo è di 270 milioni di euro l'anno, cifra che però, divisa per i 2.500 euro pro-baby promessi fanno 108 mila baby-pensionatini. Anche aggiungendo le risorse reperibili dagli attuali assegni familiari e sgravi fiscali, dovremmo a questo punto supporre che la maggior parte del milione e mezzo di bimbi rimasti fuori abbiano avuto la fortuna di esser nati in famiglie ricchissime. Il che sarebbe in lieve contrasto con l'immagine del paese messo in ginocchio dal governo Berlusconi, ma vabbè...

Seconda Fase («il più presto possibile»): assegno di 2.500 euro l'anno ai ragazzi da zero a 18 anni (sì, avete letto bene, 18).
Considerando un tasso di crescita zero, stima al massimo favorevole per le casse dello stato, ma catastrofica per la natalità, i 562 mila nati l'anno (dati Istat 2004) vanno moltiplicati per 18 e fanno 10 milioni 116 mila ragazzi cui garantire il sussidio. Tralasciando l'esclusione per «la fascia più ricca, ma a livello molto elevato», il costo annuo per lo stato si avvicinerebbe alla cifra di euro 25.290.000.000, quasi 50 mila miliardi delle vecchie lire. Ma si sa, i ricchissimi sono la maggior parte, quindi le casse dello stato sono salve.

La ricetta della sinistra

da Torre di Babele

Miracolo: l'Unione degli opposti...
postato da Giano
Venerdi 31 Marzo 2006 ore 13:15:56


Prendiamo un insieme di partiti, partitini, movimenti e gruppuscoli vari, che hanno ideologie e programmi del tutto diversi, contrastanti e spesso addirittura opposti.
Sono destinati ad annullarsi reciprocamente, essendo costantemente in disaccordo su tutto e difficilmente riusciranno a trovare un'intesa. Non avranno mai una probabilità di successo.
Allora ecco l'idea, la trovata, la "pensata geniale".
Ci si inventa un comune denominatore, un'idea aggregante sulla quale siano tutti d'accordo.
Storicamente ciò che pone fine ai dissidi, alle faide ed alle lotte sociali è la minaccia da parte di un nemico esterno. Allora ecco la soluzione.

1) - Individuare un nemico comune: Berlusconi.
2) - Creare dal nulla una nuova aggregazione e dargli un nome che richiami l'idea della compattezza e dell'unità d'intenti: "L'Unione".
3) - Stilare un programma generico che non affronti nessun problema in dettaglio, in modo che ognuno possa leggervi ciò che gli fa comodo e che sia, pertanto, condivisibile e sottoscritto da tutti.
4) - Impostare una campagna elettorale sui più scontati luoghi comuni del populismo e della demagogia: far pagare più tasse ai ricchi, lotta all'evasione fiscale, rilanciare l'economia, ridare potere d'acquisto a stipendi e salari, aumentare le pensioni, migliorare l'assistenza sanitaria e sociale per le fasce più deboli e promettere la "felicità" di Stato. Un programma che dice tutto e niente e che difficilmente sarà realizzato, ma fa colpo e c'è sempre chi ci crede.

Bene, il più è fatto. Non resta che mobilitarsi, far finta di essere tutti d'accordo sul programma, avviare una buona campagna elettorale sfruttando tutti i mezzi della propaganda e, se tutto procede secondo le previsioni, si può arrivare a vincere le elezioni e governare l'Italia.
Facile, no? Sì, è davvero un'idea geniale.
Poi, una volta al potere, quando si tratterà di mettere in pratica alcune proposte del programma, si ricomincerà a dividersi, a litigare e darsele di santa ragione.
Però c'è una bella differenza: un conto è litigare all'opposizione, altro è litigare comodamente seduti sulle poltrone di Governo.

E il programma? Beh, si troverà di certo qualche buon motivo per giustificare i rinvii, i necessari aggiustamenti, gli adeguamenti alla "mutata situazione nazionale ed internazionale", le lungaggini dovute alla necessaria concertazione con le parti sociali, le sopravvenute priorità, le esigenze di bilancio...
Insomma, una scusa si trova sempre, via.
L'importante, in fondo, è raggiungere il potere e sconfiggere il nemico comune: Berlusconi.
Il resto sono balle...

Gli scienziati hanno scoperto che non siamo tutti uguali ...

da Walking Class di Pierluigi Mennitti.

La classifica dei paesi europei per quoziente d'intelligenza. Ovvero: non tutti sono intelligenti alla stessa maniera, anzi i francesi sono stupidi.
(Fonte: ricerca dell'Ulster University)

1) Germania e Olanda 107 punti
3) Polonia 106
4) Svezia 104
5) Italia 102
6) Austria e Svizzera 101
8) Gran Bretagna 100
9) Norvegia 100
10) Belgio, Danimarca e Finlandia 99
13) Repubblica Ceca , Ungheria e Spagna 98 p
16) Irlanda 97
17) Russia 96
18) Grecia 95
19) Francia, Romania e Bulgaria 94
22) Turchia 90 punti
23) Serbia 89 punti

giovedì, marzo 30, 2006

La menzogna sistematica

E' sorprendente come la menzogna sistematica e quotidiana riesca ad ottenere effetti anche su persone non particolarmente predisposte a cadere nel tranello. Io stesso sono stato tratto in inganno, basta poco, il lavoro, il tempo libero che è sempre meno di quello che si vorrebbe e succede che certe vicende politiche si seguano distrattamente. E' a questo punto che la menzogna, utilizzata come unico strumento di propaganda politica, ti aggredisce ed ha il sopravvento, grazie anche al quotidiano martellamento mediatico della stampa schierata ed all'incapacità della CdL di comunicare efficacemente.
Ebbene sì, bisogna dirlo, il supposto Re dei Media, Berlusconi, in realtà li subisce e, tranne che in alcuni momenti della campagna elettorale (magistrale è stato il suo intervento in Confindustria), non è in grado di comunicare in maniera efficace al cittadino le azioni del governo. Sicuramente la comunicazione dei suoi avversari politici è infinitamente più efficace.
E' emblematica la vicenda della nomina di Mieli a direttore del Corriere della Sera, tutti sapevano che Mieli è un personaggio di sinistra, organico alla sinistra, ed il recente schieramento del giornale è una logica conseguenza, ma la strapotenza mediatica della sinistra ha fatto si che il comune cittadino fosse convinto che si trattasse di un colpo di mano di Berlusconi, tutti gridavano allo scandalo dell'anomalia italiana di un Presidente del Consiglio che controlla la totalità degli organi di informazione!
La realtà era esattamente l'opposto la menzogna trionfava, come molto, troppo spesso è successo in questi ultimi decenni.
Tornando ai fatti più recenti, un blogger intelligente (oggi) sta pubblicando sul suo blog degli articoli contenenti estratti dal libro "Tutte le balle su Berlusconi", di V. Feltri e R. Brunetta.
Devo dire che mi ha aperto gli occhi, mi ha tolto quel velo di menzogna che l'efficiente organizzazione propaganistica della sinistra italiana e dei media coalizzati avevano calato su gli occhi miei e di milioni di elettori.
Spero che questi articoli vengano letti da quante pià persone possibile, per mio conto, man mano che vengono pubblicati li aggiungerò nell'elenco sottostante.

La salva-Previti.
La Cirami.
Il falso in bilancio.
la Gasparri.

mercoledì, marzo 29, 2006

Dicono che la tassazione dei B.O.T. non inciderà sulle tasche degli italiani ...

Ieri sera Fassino, a Porta a Porta, ha continuato a ripetere che la manovra prevista dall'Unione di aumento delle tasse sui titoli di stato, non avrebbe avuto alcun impatto sulle famiglie, in quanto vi sarà una corrispondente diminuzione della tassazione dei conti correnti e libretti postali.
A mio parere ciò è totalmente falso, infatti:

  • se consideriamo che il tasso creditore medio sui conti correnti bancari è pari allo 0,75% (Fonte: www.osservatoriofinanziario.com), il che significa che per la maggioranza delle persone il tasso effettivo è 0%;
  • se consideriamo che il tasso nominale dei buoni ordinari del tesoro a 12 mesi nel 2005 è oscillato tra il 2% ed il 2,64%, assumiamo un valore medio di 2,3%;
  • se ipotizziamo una giacenza media per una famiglia di 5.000 €
  • se ipotizziamo un investimento medio per famiglia in titoli di stato di 30.000 €
il risultato si traduce in una tassazione netta di 50 € annui ! (100.000 Lire rende più l'idea) che possono diventare 80 € (160.000 Lire) se consideriamo un capitale di 50.000 €.

martedì, marzo 28, 2006

Una vera schifezza

Riporto integralmente dal blog di Fausto Carioti:

Dramma a sinistra: ora si aggrappano alle leggende metropolitane

Vogliono farci credere che Silvio Berlusconi, in questi anni di governo, abbia visto il suo patrimonio aumentare in modo spudorato. Ovviamente grazie a commistioni assai poco trasparenti tra affari e politica. E' un argomento che potrebbe influenzare alcuni elettori alla vigilia del voto. Solo che, dati alla mano, è una menzogna clamorosa: Berlusconi era molto più ricco quando faceva il leader dell'opposizione. Però loro ci provano lo stesso, nella convinzione - magari fondata - che qualcuno alla fine abboccherà.
Da qualche tempo, ad esempio, gira sul web e per le strade una finta lettera di Berlusconi agli italiani. Il sito dei Giovani per l’Unione l’ha messa a disposizione di chi vuole farne il download. Anche se l’impaginazione è ricalcata sul format dei veri volantini forzisti e in fondo alla lettera appare la firma del premier, una persona mediamente intelligente capisce subito che si tratta di un falso. Nella lettera, in sostanza, Berlusconi chiede i voti agli italiani per diventare ancora più ricco. Fin qui, niente di strano e nemmeno niente di male: lo sfottò fa parte delle armi della campagna elettorale. Quello che però il lettore non capisce, perché il volantino è fatto apposta per ingannare chi lo legge, è la totale scorrettezza dei dati (citati con tanto di fonte) che sono in esso contenuti, e presentati come veri.
Una cialtronaggine che trova sfogo in due modi diversi. Il primo modo (la chiameremo “cialtronaggine di tipo A”) consiste nel nascondere parte importante dei dati, in modo che alla fine il lettore ne ottenga un’impressione del tutto falsata, opposta a quella che avrebbe se i numeri fossero presentati nella loro interezza. Il secondo modo, più diretto (“cialtronaggine di tipo B”), consiste nell’inventarsi le cose di sana pianta.
Cialtronaggine di tipo A: l’uso (molto) distorto dei dati. “Amico elettore, amica elettrice”, si legge nella finta lettera di Berlusconi, grazie al tuo voto ho potuto raggiungere l’obiettivo concreto di raddoppiare il mio patrimonio in soli due anni”. Patrimonio così conteggiato: “2003 - 5,9 miliardi di dollari; 2004 - 10 miliardi di dollari; 2005 - 12 miliardi di dollari”. Il tutto citando la fonte: la rivista americana Forbes, che è la "bibbia" in fatto di patrimoni dei nababbi. Resta però da raccontare l’altra parte della verità, quella degli anni 2001, 2002 e 2006. Volutamente omessa per ingannare il lettore. Bene, secondo la stessa classifica di Forbes, nel 2001, quando Berlusconi ha iniziato la sua avventura da presidente del Consiglio, il suo patrimonio ammontava a 10,3 miliardi di dollari. Cifra scesa a 7,2 miliardi nel 2002. E nel 2006 (altro dato mancante) la ricchezza di Berlusconi stimata da Forbes ammontava a 11 miliardi di euro. Ora che abbiamo ricostruito la serie storica completa possiamo trarre la morale: dal 2001, primo anno da presidente del Consiglio, al 2006, ultimo anno della legislatura, la ricchezza del premier si è accresciuta di 0,7 miliardi di dollari, pari appena al 6,8% in cinque anni. Un rendimento di poco superiore all’1% l’anno: roba da titoli di Stato, più che da imprenditore di successo.
Cialtronaggine di tipo B: l’invenzione dei dati. Qui siamo alla menzogna pura. Col chiaro intento di muovere il lettore al disgusto verso il miliardario, nella lettera messa gentilmente on line dai giovani dell’Unione si legge: “Ora io sono il 25esimo uomo più ricco del mondo. Pensa, nel 2001 ero solo il 48esimo!”. Solo che è falso. Nel 2001 Berlusconi era il 29° uomo più ricco del mondo (e non il 48°, come scritto nella lettera), ed è sceso al 35° nel 2002, al 45° nel 2003, per risalire al 30° nel 2004, al 25° nel 2005 e ripiombare giù al 37° nel 2006. Dunque, in questi anni di governo, Berlusconi non ha guadagnato 23 posizioni nella classifica dei ricchi del mondo, come vogliono farci credere, ma ne ha perse 8.
Non basta. A sinistra si guardano bene dal dire che nel 2000, ultimo anno passato da Berlusconi all'opposizione, la sua ricchezza era valutata dalla stessa Forbes in 12,8 miliardi di dollari (cifra mai raggiunta in seguito), tanto da collocarlo al 14° posto nella lista mondiale dei miliardari (posizione mai più riconquistata). Mentre nel 1996, quando iniziò la legislatura governata dall'Ulivo e lui era leader dell'opposizione, Berlusconi stava messo assai peggio: era al 35° posto, con un patrimonio stimato da Forbes in 5 miliardi di dollari.
Volendo quindi trovare un indice di correlazione tra le fortune di Berlusconi e la sua attività politica, se ne ricava che il proprietario di Mediaset si è arricchito solo stando all'opposizione. Però non va detto, perché sennò il teorema della sinistra si smonta e si scopre che quella che hanno in mano non è niente più di una leggenda metropolitana.
Nessuno, ovviamente, qui crede che Berlusconi si sia rovinato con la politica. Ma sostenere che la sua ricchezza attuale sia frutto dei cinque anni passati al governo - come vogliono farci credere anche molti parlamentari di sinistra - è smentito dagli stessi indicatori con cui la sinistra pretende di dimostrare il contrario, e quindi “contraddice il principio di realtà”, per usare il linguaggio di Piero Ostellino. Ovvero è una cazzata colossale. Possibile che a sinistra siano così a corto di argomenti contro Berlusconi da dover manipolare e inventare i dati? Qual è il loro problema? Semplice mancanza di intelligenza o drammatica carenza di argomenti migliori?

La classifica di Forbes del 1996
La classifica di Forbes del 2000
La classifica di Forbes del 2001
La classifica di Forbes del 2002
La classifica di Forbes del 2003
La classifica di Forbes del 2004
La classifica di Forbes del 2005
La classifica di Forbes del 2006

Se queste sono le armi politiche della sinistra, se questa è la statura morale di quelli che aspirano a governare l'Italia, se questo linciaggio "ad-personam" è lo specchio del modo di operare di chi governerà l'Italia nei prossimi anni, .... POVERI NOI!!!!!

lunedì, marzo 27, 2006

Leggendo qua e là ...

... è mai possibile fidarsi di chi organizzò una seduta spiritica, ai tempi del sequestro Moro? I giudici hanno scelto di credere a questa panzana, già inverosimile nel Paese dei bugiardi, ma ciò non significa dimenticare il fatto: mentre il presidente della Dc era sequestrato dalle Brigate Rosse, Prodi e un gruppo di amici, riuniti a Bologna, interrogavano gli «spiriti». Ambienti vicini a Prodi hanno sempre raccontato la storiella che l’indicazione «Gradoli 96», che corrispondeva al nome e al civico di una strada, nella quale era ubicato un covo utilizzato dalle Br romane nel corso del sequestro, sarebbe stato suggerito da un autonomo. In realtà gli autonomi di Bologna non sapevano nulla: si trattava di un ambiente facilmente infiltrabile e le Br lo sapevano molto bene per andare a dire a qualche amico l’indirizzo di un covo supersegreto. In verità «lo spirito» interrogato dalla brigata di Prodi era del Pci, e il collegamento con le Br aveva anch’esso un indirizzo molto preciso: il Kgb. Questo è il punto della questione.
E’ evidente che Prodi a Bologna aveva contatti col Pci e che il Partito li aveva con Mosca, vero mandante del rapimento e dell’omicidio Moro. Ma tutti costoro avevano paura, così si preferì dire una «mezza verità», in modo da scaricarsi la coscienza. Non del tutto però, visto che quando la polizia iniziò a indagare dalla parte sbagliata, tutti si guardarono bene dal ribadire che si trattava proprio di via Gradoli. E Moro morì.Possibile che milioni di cittadini italiani, che solo in minima parte hanno creduto alle balle di Vanna Marchi, possano ancora sostenere a testa alta di credere alla balla della seduta spiritica di Prodi e dei suoi amici? ...

Paolo della Sala (www.RagionPolitica.it)

In merito aggiungo il seguente contributo ...

Leggendo qua e là ...

Il male poco oscuro dello stato sociale

Frédéric Bastiat è morto nel 1850. Allora cominciavano ad essere create le prime società di mutuo soccorso. Lo stato sociale, così come oggi lo conosciamo, non esisteva ancora. Eppure il grande economista e filosofo liberale aveva già capito come sarebbe andata a finire....

Pinocchio.

(Uno spunto interessante di riflessione)